Il tema delle fratture (sanitaria, sociale, nuove povertà ed educativa), richiamato dal presidente della Cei Bassetti durante l’ultimo Consiglio permanente, “segnala problemi reali e dinamiche preoccupanti resi più evidenti da un anno a questa parte con la pandemia”. Lo dice Matteo Truffelli, presidente dell’Azione cattolica italiana (nella foto), in un’intervista ad Agensir.
Per Truffelli “si tratta di questioni già presenti nella nostra società e nella cultura del Paese, che la diffusione del virus e le crisi da essa innescate hanno ulteriormente messo in luce e amplificato. Questo ci consegna, da una parte, la consapevolezza che i tempi con cui confrontarsi sono tempi lunghi, non si tratta di problemi contingenti; dall’altra, questa consapevolezza richiama l’importanza di scelte strategiche, non estemporanee, azioni comuni e condivise che guardino al futuro e non solo al presente”. Tutto ciò, osserva, “chiama in causa la politica e le istituzioni, i protagonisti dei processi economici, così come il tessuto associativo della società, le realtà educative e la scuola…”.
Il presidente di Ac aggiunge due sottolineature: “Anzitutto credo emerga, in questa fase, una responsabilità specifica che ci interpella come cittadini, come credenti e in modo particolare, penso all’Azione cattolica, come credenti associati. Inoltre, il tema delle fratture presenti nella nostra società lascia intravvedere con ancora maggior forza la necessità di costruire nuove alleanze. Lavorare insieme è il primo anticorpo dinanzi alla realtà nella quale ci troviamo. E questo chiede di mettere da parte le divisioni, magari rinunciare a qualcosa per convergere e costruire un obiettivo più grande: il bene comune. Costruire alleanze, in ogni ambito, costa fatica, lo sappiamo, ma produce più della somma degli addendi”.
Truffelli si sofferma poi sul tema della “frattura educativa”: ci consegna “un’urgenza indilazionabile, ma ci dice anche che questo tempo può diventare, a certe condizioni, un tempo per crescere. La prima di queste condizioni è che l’educazione non sia intesa come un compito delegato o ‘appaltato’ ai soli educatori, ma sia avvertita come compito di tutta la comunità. I genitori, ad esempio, hanno bisogno di un tessuto comunitario attorno a loro, non possono essere abbandonati a loro stessi. Questo vale anche per la scuola: gli insegnanti non devono rimanere soli nel crescere i nostri ragazzi e attorno alla scuola non può mancare una rete sociale, l’impegno delle istituzioni, adeguati investimenti economici. Penso, allo stesso modo, agli educatori sportivi, e a quelli impegnati nella comunità cristiana. Più volte il cardinal Bassetti ha chiamato in causa nel suo discorso il tema della comunità: la pandemia ci dice che occorre crescere come comunità, e la cura educativa non può che essere di tutta la comunità. Una seconda sottolineatura si riferisce, a mio avviso, al fatto che l’educazione è ‘il’ processo per definizione. Intendo dire che con essa affidiamo al tempo ciò che avviamo oggi, investendo sul nostro stesso futuro. L’educazione è un investimento culturale, spirituale, sociale, dunque richiede un investimento e un lavoro diffuso, condiviso, responsabile da parte di tutti”.
Poi, aggiunge il presidente, c’è una terza condizione: “Occorre riconoscere e incoraggiare il protagonismo di chi non è solo destinatario del processo educativo, ma soggetto attivo. Ovvero occorre credere nel e sollecitare il protagonismo di ragazzi e giovani, valorizzare le loro soggettività in una costruttiva relazione intergenerazionale. Lasciare spazio a un’autentica assunzione di responsabilità da parte loro. Vorrei ricordare che se in questo anno difficile la società ha tenuto lo si deve anche al fatto che i giovani hanno mostrato grande senso di responsabilità, pazienza, senso del dovere”.
L’intervista integrale realizzata da Gianni Borsa