Copercom, una rete che lavora insieme

di Cristina Tugnoli*

Quale è il senso di un corso di progettazione sociale in Copercom?
Il corso nasce in un momento storico preciso in cui Copercom desidera trasformarsi da un ente di rappresentanza ad ente di servizio.

All’udienza papale il 31 ottobre 2022, Papa Francesco ricordava che per i processi comunicativi occorre un “di più” di progettualità: “Far finta di incontrarsi è non incontrarsi”.
Allora in questo senso il Copercom, grazie alla guida del suo presidente, Stefano di Battista, si è interrogato sul senso di appartenenza ad una rete di reti nazionali.
Se l’obiettivo è essere un ente preposto al servizio può quindi sia supportare le identità presenti che favorire l’apertura delle identità fra loro.
Come dice il Papa, serve “coordinare per valorizzare le identità associative a servizio dell’insieme”.
Un corso di progettazione e aggiungerei anche di coordinamento di progetti sociali serve per acquisire, quindi, un metodo per coniugare fra loro le parole coordinamento, reti e identità.

Quando mi è arrivata questa proposta dal presidente mi sono interrogata se accettare o meno perché questo presupponeva “togliermi dalla routine e confort zone” e rimettermi in gioco con un lavoro importante su me stessa e sui contenuti che dovevo preparare, ma il senso era forte: “una sfida di cambiamento” per me e per chi avrebbe partecipato e questo avrebbe aiutato il nostro cammino insieme.

Paradossalmente quindi fare un “corso di progettisti sociali base” non serviva a diventare progettista sociale o meglio non era l’obiettivo primario perché, come dicevo a chi ha partecipato, esistono enti di formazione specializzati preposti a questo; il nostro valore aggiunto era proprio dato da questi altri obiettivi:

1) “fare insieme” per essere “in relazione con”.

2) “Parlare di idee non di identità” per costruire insieme percorsi comuni.

3) Fornire uno strumento dove l’esortazione del Papa di produrre “cambiamento” si rendesse concreta dando valore al contenuto delle idee           con progettualità comuni.

Direi che il corso ha superato le aspettative perché ha visto la partecipazione di persone che non erano solo corsisti ma erano grandissimi osservatori della realtà con conoscenze profonde dei vari aspetti educativi e sociali e questo rendeva più incisive le proposte progettuali effettuate nelle esercitazioni. Non solo, ma nella conoscenza delle altre associazioni, ci si è interrogati sulla propria identità e quindi anche sull’opportunità di diventare un ente del terzo settore (Ets).

Abbiamo infine toccato con mano il valore della “rete reale” ovvero una rete che lavora insieme e non che viene assemblata su carta.

Vi faccio un esempio: abbiamo fatto una esercitazione su come organizzare la conferenza stampa del progetto che sarebbe partito “virtualmente”. Io avevo svolto con il mio collega già l’esercitazione in anticipo per poterne capire la fattibilità e il risultato è stato che la complessità e completezza che ha avuto il gruppo superava di gran lunga le ipotesi di risposta date da noi formatori.

Insieme davvero si fa la differenza e questo è il mio augurio più grande che esprimo a Copercom.

*Esperta di progettazione e innovazione sociale