don Fabio Pasqualetti

«Non basta saper usare gli strumenti»: la lezione di don Pasqualetti sulla dipendenza digitale

Comitato dei presidenti e dei delegati del Copercom

«Oggi non basta più dire che dobbiamo “saper usare bene la tecnologia”: bisogna conoscere le logiche che ci stanno dietro, altrimenti finiamo per esserne travolti». È una delle affermazioni più nitide dell’intervento di don Fabio Pasqualetti, salesiano, decano della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale dell’Università Pontificia Salesiana, lo scorso 27 marzo a Roma durante il Comitato dei presidenti e dei delegati del Copercom, svoltosi in forma di convegno sul tema «Cittadinanza e responsabilità educativa. I minori in balia della pornografia online», nell’ambito del progetto “Centodieci Agorà”.

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Don Pasqualetti ha spiegato come le piattaforme digitali – da tempo – non siano più strumenti neutri, ma tecnologie di previsione e modificazione del comportamento umano, costruite per profilare l’utente e guidarlo nel tempo verso abitudini sempre più difficili da interrompere. «È un meccanismo che sfrutta le fragilità», ha detto. «Se un ragazzo ha una vulnerabilità – una dipendenza sessuale, un disturbo alimentare, una tendenza all’isolamento – l’algoritmo non lo aiuta ad uscirne, ma lo accompagna sempre più in profondità, fornendogli esattamente il tipo di contenuti che rafforzano quella fragilità».

Il problema, però, non è solo tecnico. È culturale. «La rete ci restituisce quello che siamo», ha osservato. «Se ci torna indietro spazzatura è perché spesso è questo che mettiamo dentro. E allora dobbiamo chiederci: quali valori stiamo comunicando ai nostri giovani? In che società li stiamo facendo crescere?». Secondo don Pasqualetti, viviamo in un tempo dominato da efficienza, successo, potere e autoreferenzialità: tutti elementi che rendono difficile pensare a una rete fondata sulla collaborazione, sul rispetto e sulla relazione.

Tra gli aspetti più preoccupanti, ha segnalato il crollo del controllo umano sui sistemi digitali: «Mai nella storia dell’umanità abbiamo consegnato così tanti dati a soggetti privati, senza sapere davvero cosa ci fanno. Esiste una totale asimmetria tra quello che le piattaforme sanno di noi e quello che noi sappiamo di loro». In questo quadro, l’illusione della “gratuità” dei servizi online si rivela in tutta la sua ambiguità: il vero prezzo, ha ricordato, siamo noi, con le nostre informazioni, abitudini e scelte.

Cosa fare, allora? Don Pasqualetti ha indicato due fronti strettamente intrecciati: una governance politica capace di regolamentare, e un’educazione profonda dell’individuo. «Serve una scuola che non sia solo funzionale al lavoro, ma che prepari alla vita. Che educhi alla relazione, al pensiero critico, alla gestione consapevole della tecnologia». In una società che si automatizza sempre di più, ha sottolineato, è urgente «rafforzare proprio ciò che ci rende umani: la libertà, la coscienza, la responsabilità».

E ha concluso con un avvertimento che è anche una direzione di marcia: «La tecnologia cresce. Ma deve crescere anche la nostra capacità di gestirla. Altrimenti il rischio è che ci trasformi prima ancora che ce ne accorgiamo».