Progettazione sociale, tre voci a confronto

Bollini (Med), Varagona (Ucsi), Scarcello (Aiart) raccontano l’esperienza del corso Copercom e lanciano nuove sfide comunicative

La plenaria Copercom dello scorso 27 settembre, sul tema Occupazione, la nuova questione giovanile, ha visto la “restituzione in 21 minuti” del corso di progettazione sociale organizzato dal Coordinamento e tenuto da Cristina Tugnoli. Tre voci associative si sono confrontate (e raccontate) sull’esperienza del corso.

«Il corso di progettazione sociale proposto da Copercom ha svelato, in modo comprensibile e professionalmente ineccepibile, quanto le associazioni potranno fare per attivare un cambiamento culturale, soprattutto rivolto ai giovani, nel nostro paese», ha affermato Mussi Bollini (membro dell’esecutivo Med: Associazione italiana per l’educazione ai media e alla comunicazione).

«I progetti di formazione, grazie a questo corso, potranno diventare per tutti gli iscritti un momento di confronto attivo, per ideare buone pratiche e partecipare ai diversi bandi di concorso presenti su tutto il territorio». «Determinante – ha sottolineato – è attivare la procedura per entrare a far parte dell’Ets (Enti Terzo settore)».

Nel corso delle lezioni, ha proseguito, «ci sono state generosamente date le informazioni su tutto l’iter burocratico, non semplice, per concorrere ai bandi. Ci sono state anche proposte esercitazioni per imparare a ideare e pianificare un progetto. Questa esperienza – ha osservato Bollini – ha anche focalizzato quanto sia importante che le associazioni si confrontino e che possano condividere i progetti, inserendoli magari sulla pagina web del Copercom, in modo che si possa collaborare ciascuno con le proprie competenze e andare ad arricchire la proposta di progetto per un bando, con le diverse nostre professionalità. Questo semplificherebbe anche la partecipazione ad un bando da parte di chi ancora non ha o non ha potuto procedere all’iscrizione al Runts (Registro unico nazionale del Terzo settore)».

«La particolarità di questo Coordinamento (Copercom) è avere come associati diversi tipi di competenze, per molti pluriennali, ma in fondo condividiamo poco delle nostre attività e a volte è capitato di proporre stesse tipologie di convegni o summer school. Come Med – ha spiegato – non abbiamo ancora la possibilità di iscriverci al Runts, ma siamo disponibili a condividere le nostre professionalità, quasi trentennali, con altre associazioni per ideare un progetto che possa partecipare ai bandi».

«Personalmente – ha ricordato Bollini – sono anche componente dell’Osservatorio infanzia e adolescenza istituito dal dipartimento per le Politiche della famiglia presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Partecipando agli incontri ho riscontrato una grande richiesta che riguarda la tutela dei minori nei media, con proposte educative rivolte soprattutto ai genitori, che sono l’agenzia educativa primaria del paese. Occorre – ha concluso – ripensare una nuova cultura dell’infanzia, che veda i bambini e ragazzi protagonisti della società con un impegno concreto verso le nuove generazioni e con un approccio non solo patologico, assistenziale, giurisdizionale come oggi spesso accade».

Vincenzo Varagona (presidente dell’Ucsi: Unione cattolica stampa italiana) ha premesso che l’«Ucsi ha sollecitato il Copercom a promuovere un’iniziativa (il corso di progettazione sociale) che interpretasse concretamente l’esigenza di imprimere una svolta all’identità associativa, sia da un punto di vista logistico, sia da un punto di vista di elaborazione progettuale. In una parola, aiutasse l’associazione, ma anche le altre associazioni interessate, in un salto di qualità e maturità».

«Il corso – ha detto Varagona – si è rivelato ancora più di quello che pensavamo potesse essere. L’idea di partenza era la ‘fornitura’ di competenze tecniche e anche scenari nuovi per concretizzare al più presto il percorso di Terzo settore».

In realtà, «oltre a queste dotazioni, che comunque abbiamo trovato, questo cammino ci ha offerto molto concretamente l’immagine di una Chiesa, di una comunità che ha necessità di rafforzare anche tecnicamente la sua dimensione sinodale, nel suo significato più profondo, che è quello del camminare insieme. Basta pensare – ha evidenziato – all’idea di farsi accompagnare, inizialmente, da associazioni che hanno più esperienza nel Runts, per poi offrire lo scenario della rete fra associazioni, per crescere, maturare, lavorare insieme».

Il corso, ha aggiunto il presidente, «fa parte a pieno titolo del percorso sinodale e ci offre l’opportunità più concreta di viverlo e interpretarlo nel migliore dei modi. Ucsi – ha concluso – ha avviato formalmente l’iter per l’adesione al Terzo settore e ha potuto farlo anche grazie agli stimoli avuti nel cammino intrapreso in sede Copercom».

«Progettare per ‘guardare oltre’…». «È questo l’orizzonte indicatoci da Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali Cei, come premessa al corso di progettista sociale. Parole che ci hanno indicato fin dall’inizio la direzione verso cui incamminarci per non cadere nella trappola dell’autoreferenzialità, ricordandoci che, il come si fa, non è meno importante del cosa si fa», così Maria Elisa Scarcello (direttrice del periodico “Il Telespettatore”, organo dell’Aiart: associazione cittadini mediali).

«Ma cosa significa guardare oltre? Cosa significa costruire significati condivisi per rispondere con voce univoca alle sfide che abbiamo davanti, senza però mai snaturarci? Come nasce un progetto capace di impattare nella comunità e favorire il processo di innovazione sociale? Come riuscire a leggere i bisogni dal basso per poi tradurli in progetti finanziabili?». Sono queste le domande dell’Aiart a cui «il corso di progettazione sociale è riuscito a dare delle risposte esaustive fino a farci riflettere sulle conseguenze delle concrete implicazioni delle trasformazioni sul piano sociale e sul nostro diritto e dovere – come rappresentanti delle comunicazioni sociali – di udienza pubblica, di peso sociale e comunicativo».

«Come direttrice dell’organo di informazione dell’associazione – ha proseguito Scarcello – non smetto mai di chiedermi che Paese stiamo raccontando, come lo stiamo raccontando e costruendo e che tipo di supporto possiamo dare ai nostri lettori-utenti? O ancora: c’è uno spazio per un’etica dei media e per un’etica di chi a diverso titolo lavora nei media? Quale attenzione per le parole chiave del nuovo umanesimo che si intravede e che ci vede relazionare con l’intelligenza artificiale? Quale attenzione per i grandi temi sociali del nostro tempo? Basta pensare, solo come esempi, a temi come la guerra e la pace, la giustizia, il grande movimento migratorio che vede l’Italia in prima linea, la tutela dei minori, le nuove povertà, il lavoro che manca e le riforme necessarie. E tutto – inevitabilmente – si intreccia con lo scenario mediale. Così come abbiamo raccontato nei vari speciali pubblicati nella nostra rivista, quali: Disabilità e comunicazione; la Sostenibilità nel nostro media-mondo; Infanzia proibita; Total Audience, Presente e futuro della Scuola digitale».

La direttrice, ha chiosato, di aver citato questi speciali perché «contengono tutti appelli della società; costituiscono un grido d’allarme su cui le nostre realtà dovrebbero scendere in campo insieme, ognuna sulla base delle proprie competenze. Perché un progetto capace di dare veramente voce ai bisogni della comunità nasce da un’idea geniale che è frutto di tessitura di relazioni dalle quali poi nascono le idee creative». Questo concetto è «ben chiaro all’Aiart», ha aggiunto, che già da diversi anni ha costituito, su indicazione del presidente nazionale Giovanni Baggio, «un ‘comitato scientifico’ costituito da differenti professionalità (sempre aperto ad accoglierne altre) grazie al quale sono state messe in cantiere varie idee per la cui realizzazione sono necessarie risorse».

Infine, «dal nostro disegnare insieme, sono emersi vari temi condivisi, tanto che abbiamo provato anche a definire precise strategie di pianificazione e programmazione e sono emerse delle sfide dai contorni nuovi che si poggiano su due dimensioni:

Verticale:  nel senso che il mondo cattolico deve trovare anche attraverso associazioni come l’Aiart – e tutte le altre realtà affiliate al Copercom – nuovi canali di interlocuzione istituzionale e da questo punto di vista il lavoro di progettazione deve servire anche per rivendicare e marcare sempre più la nostra dimensione valoriale.

Orizzontale: su questo terreno si gioca la grande sfida del digitale, nell’ambito del quale diventa sempre più necessario valorizzare il nostro pensiero come flusso, intercettando i bisogni e le necessità della comunità in Rete. E la progettazione sociale è anche questo».

Scarcello, tra i vari obiettivi, pone al centro l’impegno delle associazioni e movimenti aderenti al Copercom «a costituire un comitato scientifico di coordinamento per far sentire la propria voce nelle competenti sedi istituzionali, governative e parlamentari, esponendo le posizioni emerse nel corso dell’anno. Degli incontri che hanno l’obiettivo di progettare e dare inizio ad una collaborazione rivolta a far conoscere in modo diretto e concreto il nostro mondo. Ma che non vada a scapito del pluralismo delle voci e della ricchezza delle esperienze diverse», ha concluso.